«Ho solo fatto un gesto di cura per la mia comunità» | La città delle donne #19

«Ho imparato che non bisogna mai dare nulla per scontato, e che rispettare le regole è l’unico modo per fare davvero qualcosa di concreto per la comunità», andando oltre proclami e parole.

Federica Pietrafesa

Quella di Federica Pietrafesa è una storia minuta, che si perde nel caos dell’emergenza epidemica, in cui l’attualità corre veloce, tra titoli di giornale, polemiche politiche, crisi economica, cose dette e ripetute l’indomani nella formula dell’esatto contrario. Ma è in questi contorni che la vicenda, racchiusa in pochi giorni di un luogo di periferia, trasferisce una lezione comune di ostinazione e cura degli altri.

Quando ha deciso che fosse arrivato il momento di ampliare il bar di famiglia, che gestisce dal rientro a San Nicola di Pietragalla per aiutare la madre, interrompendo a metà l’Erasmus in Spagna, Federica non poteva immaginare quanto la scelta si sarebbe rivelata ardita. Il lockdown l’ha sorpresa con il cantiere aperto «e il bar sottosopra». Poi la Fase 2, il riavvio dei lavori alla struttura e l’inaugurazione ai primi di luglio.

Pochi giorni dopo, il locale ha avuto tra i clienti anche un giovane del posto, tornato dal Nord per le vacanze. «Certo che aveva la mascherina». Di lì a poche ore quel ragazzo sarebbe risultato positivo al coronavirus.

In un luogo piccolo come San Nicola di Pietragalla, a pochi passi dal capoluogo Potenza, periferia di una periferia, ci si conosce tutti. Una notizia impiega poco a fare il giro del paese e delle contrade. E anche oltre. «Ho visto il nome del locale circolare su giornali e social network, “additato” come il bar dove era stato il giovane positivo al virus. Ho passato ore al telefono a rassicurare le persone. Mi chiamavano allarmate, chiedevano se fosse vero. Chiedevano tutti che cosa avessi deciso di fare. Sotto pressione, mi sentivo quasi una carnefice».

In realtà Federica aveva già fatto tutto quello che era necessario, e persino di più. Contattati i carabinieri e l’amministrazione locale, ha prima sanificato il locale e poi, tramite l’ASP, ha sottoposto se stessa e le dipendenti al tampone, aggiungendo una chiusura cautelativa del bar in attesa dei risultati.

In assenza di protocolli chiari e definiti rispetto a un caso simile, «ho solo cercato di fare tutto quello che era nelle mie possibilità per garantire la salute e la sicurezza di chi mi accorda fiducia. Ho sempre pensato che il lavoro, qualunque esso sia, abbia a che fare con la cura e la premura per l’altro».

Ricevuti gli esiti dei tamponi, alcuni giorni dopo i test, ha riaperto il locale. «Per un po’ non è venuto nessuno. È stata dura. Ma adesso i clienti sono tornati. Questo è un bar della comunità, rifarei tutto».