
Valeria Montaruli è la presidente del Tribunale per i Minorenni di Potenza. Le è toccato gestire l’emergenza e coordinare le nuove forme di operatività nella struttura più delicata del comparto giustizia, quella che ha in carico il benessere e la salute dei più piccoli.

«Non era immaginabile dover cambiare così repentinamente la nostra organizzazione. Ma è successo e abbiamo dovuto reagire e ripensare il nostro lavoro». A dettare l’indirizzo sono state le disposizioni governative, a partire dal primo decreto legge in materia, il n° 11/2020, fino al “Cura Italia”, di recente convertito in legge. Tutta la prima parte dell’emergenza da COVID-19 ha imposto lo stop all’attività differibile, con operatività solo sull’attività urgente, che per il Tribunale per i Minorenni non è di poco conto: procedure di adottabilità, minori stranieri non accompagnati e tutti gli altri casi in cui emerge «un grave pregiudizio per il minore».
In questi casi sono stati adottati protocolli di sicurezza e misure alternative. L’accesso agli uffici è stato ridotto al minimo, e comunque verificato tramite misurazione della temperatura. A tutti è stata estesa la richiesta di inviare istanze via mail o chiedere informazioni prima via telefono. Il Ministero di Giustizia ha messo a disposizione alcune piattaforme per svolgere in remoto le camere di consiglio e le udienze. È stato inoltre sottoscritto un protocollo con l’Avvocatura del Distretto per svolgere attività di ascolto dagli studi degli avvocati.
Anche i minori nelle comunità hanno vissuto improvvisi cambiamenti con la sospensione degli incontri protetti e del rientro in famiglia. «Abbiamo cercato di attenuare il disagio promuovendo un più frequente contatto tramite telefonate o videochiamate. Così come stiamo cercando di organizzare attività a distanza per via telematica per i minori messi alla prova o i minori stranieri non accompagnati, cercando di offrire loro spazi di confronto, seppur inusuali».
Anche la rete dei servizi territoriali ha subito un rallentamento. «Il Tribunale per i Minorenni lavora sempre in stretta sinergia con i servizi sociali, consultoriali e sanitari. Una rete preziosa che però già normalmente, con tutti i tagli subiti negli anni, non riesce a rispondere a tutto il disagio esistente. È evidente che questa emergenza, nonostante gli sforzi di chi opera sul territorio, avrà delle ricadute».
Quantificarne gli effetti, però, oggi non è possibile. «I dati non sono ancora disponibili, è impossibile ora definire realmente gli effetti della pandemia. L’unico dato attualmente rilevato è l’aumento delle segnalazioni dei casi di violenza intrafamiliare. Ma per un quadro generale servirà tempo. Nel frattempo, noi continuiamo ad operare con l’obiettivo dell’interesse dei minori e delle situazioni più fragili. Il punto è fare in modo che, seppur in emergenza e nel rispetto delle norme di sicurezza, i minori non siano lasciati soli a loro stessi».
Discutere della responsabilità su tutto questo significa, nel caso di Valeria Montaruli, anche aprire una finestra sullo status quo della magistratura in fatto di rappresentanza di genere.
«Nonostante gli sforzi fatti e sempre maggiori passi in avanti, la voce delle donne in posizioni apicali è ancora residuale».
L’indagine diffusa dal CSM a marzo scorso spiega che su 9.787 magistrati presenti in Italia (dato riferito al 29 febbraio 2020), le donne sono 5.308, pari al 54% circa. Anche i nuovi ingressi in magistratura sono donne per oltre la metà. Nel penultimo concorso le donne hanno rappresentato il 63% dei vincitori, nell’ultimo il 57%. Ma osservando la distribuzione per funzione, la presenza delle donne negli incarichi semidirettivi del è del 42,04%, nei direttivi la quota scende al 28,60%.
«Servirà ancora tempo, sono equilibri radicati che non si modificheranno in poco tempo. Ma ho fiducia nelle battaglie che si stanno facendo, e quel gap si attenuerà».
Foto di florentiabuckingham da Pixabay