Una riflessione sulle liste dei candidati al consiglio comunale della mia città
Il giorno della presentazione delle liste è sempre un misto di confusione, corsa alla documentazione, sorprese amare e inaspettate assenze. È un giorno in cui alcuni partiti e movimenti saldano conti interni e altri costruiscono nuove speranze. Un senso generico di euforia e sfida accompagna le ore frenetiche in cui, negli uffici del Municipio, tra la ressa dei giornalisti e dei curiosi in attesa, faldoni di carte da verificare svelano gli elenchi dei tanti (forse troppi) candidati.
Soprattutto per le amministrative, in una città piccola e di periferia, ciascuno può riconoscere in quegli elenchi storie e giudizi personali, e tifare o indignarsi.

Nei giorni scorsi, almeno negli ambienti abituati al confronto politico, il tema dei transfughi è stato molto presente. In realtà, il tema non è nuovo. Ad ogni competizione elettorale, soprattutto di livello comunale, è capitato di assistere alle polemiche sul caso di quanti, delusi, ambiziosi o legati alla postazione, avevano trovato rifugio presso l’avversario politico. Quello che cambia questa volta è la quantità: per chi ha seguito la vita politica locale è facilissimo rintracciare vecchie e diverse appartenenze, presenze in contesti che nulla hanno a che vedere con la storia percorsa fino a questo momento, o rientri a casa politica dopo un periodo di allontanamento.
La verità è che trascrivere un simile elenco servirebbe solo a ribadire ancora una volta che a furia di basare la competizione elettorale sulla rete di conoscenze e il portato numerico dei candidati, si è perso di vista l’obiettivo: un’idea di città da presentare all’elettorato.
Una delle immagini più indicative della giornata di ieri, quella che tutti i giornalisti hanno voluto immortale, è l’abbraccio tra il candidato sindaco del centrodestra Mario Guarente e Bianca Andretta, la candidata sindaca di una coalizione che il PD ha definito “campo largo”.
Guarente e Andretta hanno condiviso, come altri molti candidati nelle liste presentate, l’esperienza consiliare 2014-2019, quella che tutti hanno salutato come la consiliatura dei giovani: la maggior parte dei consiglieri non aveva già avuto esperienze amministrative, ma apparteneva a una generazione desiderosa di cambiare le cose, pronta a rigenerare la città e, senza lunga presenza nelle istituzioni, avrebbe saputo collaborare per il bene comune.
Con un problema economico enorme da affrontare, un’amministrazione che ha tenuto dentro centrodestra e centrosinistra sotto l’ambizione del buon governo è apparsa una soluzione accettabile. Ma la verità è che non funziona, non basta.
Si governa insieme su una idea di città, su una prospettiva, su punti di vista specifici, che vanno oltre la seppur fondamentale amministrazione quotidiana dei servizi. Il consiglio comunale che lascerà l’incarico non ha consegnato un’idea di città, non ha potuto farlo: sui temi di principio, quelli che determinano ciò che sarà la città, non c’è stato alcun dibattito. Sarebbe finito inevitabilmente con posizioni inconciliabili.
Quello che auguro alla mia città è la possibilità di scegliere ciò che diventerà e di poter votare chi si adopererà per programmarlo.
Ecco perché mi aspetto che in questa campagna elettorale soprattutto i candidati sindaco affrontino i temi più delicati – il confronto pubblico sviluppato soprattutto online sullo stadio e sul parco della città è solo un esempio – rischiando di risultare divisivi, ma chiari sulla posizione da prendere.
Voglio sapere, da elettrice e cittadina, da che parte stare.