
La presentazione delle liste è sempre stato uno dei miei momenti preferiti nell’osservazione (e nella trascrizione) della vita politica locale. Una due-giorni (o giù di lì) di stanza tra i corridoi del Tribunale, a contare le liste in arrivo, a leggere le facce in cerca di sorprese, a spulciare nomi sperando di riconoscere storia locale e storie personali.
C’è un motivo preciso per cui questo appuntamento coinvolge: è il momento fondamentale in cui si compie il processo democratico. Più dell’esercizio del voto. Perché quest’ultimo è un diritto, ma la presentazione delle liste è uno dei passaggi che garantiscono a monte quella possibilità di scelta, ci permette di rendere aperta la competizione.

Se sei un giornalista locale, raccontare la presentazione delle liste significa indagare equilibri istituzionali, aspettative sociali, guerriglie di partito, facce nuove e vecchie vicende.
La Basilicata eleggerà il prossimo Presidente della Regione tra poche settimane, il 24 marzo. Ieri e oggi (venerdì 22 e sabato 23 febbraio) sono state presentate le liste collegate a ciascun candidato presidente (ce ne sono cinque in corsa al momento, in attesa della verifica della documentazione depositata).
Il primo giorno ha più o meno sempre lo stesso andamento. Poche liste sono davvero chiuse; altrove, fuori, partiti e movimenti ancora sono impegnati nella raccolta firme.

Il tempo in Tribunale, al quarto piano, nel cuore della sezione civile, scorre lento, in corridoi rigonfi di pratiche, commessi, avvocati e clienti. A piano terra alcuni giornalisti con la telecamera o la reflex in mano devono aspettare che arrivi l’autorizzazione del Presidente della Corte d’Appello. La regola è nota. Ma mi chiedo che senso abbia oggi applicarla anche al momento più pubblico e garantito della nostra democrazia. Lo smartphone non è considerato strumento di ripresa, e supera senza obiezioni il canone di sicurezza.
Nel pomeriggio, a Tribunale svuotato della sua funzione ordinaria, l’atrio davanti all’aula Alessandrini conta un paio di giornalisti e carabinieri in servizio. Il mantra delle chiacchiere d’occasione suona più o meno così: «Arriveranno come sempre tutti domani, sul filo di lana». A me viene da pensare che la casuale scelta logistica di un’aula dedicata a quel magistrato sia in qualche modo un omaggio enorme alla democrazia, speriamo un buon auspicio.
Alle 20.00 di venerdì sera, quando l’aula chiude le porte, le liste presentate sono solo tre. L’indomani arriva, a Potenza nevica. Il bar del Tribunale è aperto, preparerà parecchi caffè durante la mattinata.
L’assalto finale ai tavoli della commissione per il deposito degli elenchi comincia, prevedibilmente, un’ora prima della scadenza. Una decina di liste da raccogliere, numeretto eliminacode alla mano.
Gli affanni sulle carte ai tavoli sparsi nel corridoio rivelano la difficoltà di comporre le liste per quasi tutti. Luogotenenti, candidati e volontari, liste passate su whatsapp, dichiarazioni registrate, controlli incrociati, «ma quante ne mancano all’appello?», caffè, caffè, «ma davvero è in quella lista?».

Quello spazio di Tribunale finisce per ospitare la rappresentazione locale di tutto l’arco parlamentare degli ultimi trent’anni. Un gran caos, la campagna elettorale è già cominciata.
Ma a me quello che resta, da sempre in questa occasione, è la sensazione che ancora una volta la democrazia si sia messa alla prova con se stessa. Solo a partire da questo momento, a conti fatti, si può davvero guardare all’appuntamento con il voto.