Vogliamo sapere, e vogliamo accada in fretta. Se poi l’evento è imprevisto e tragico, al desiderio di capire si aggiunge il bisogno di rassicurazione.
Connessi sempre con mezzo mondo, è su canali come Twitter che andiamo a cercarla. Il terremoto in Emilia Romagna è passato (prima di tutto) da lì. I canali di informazione mainstream hanno cominciato a diffondere la notizia diverse ore dopo la prima scossa.
Per chi voleva capire, come spiega Giovanni, “restava Twitter, con i tweet dei tuoi amici che geolocalizzavano la scossa e la sua entità, mettendo a fuoco l’evento. Milano, Genova, Bologna, Modena, Venezia, Ferrara”. La mappatura dei tweet ha costruito “l’epicentro emotivo”, che ha subito svelato l’epicentro sismico.
Era già successo (lo spiega g.g.) che Twitter raccontasse il terremoto in diretta, anticipando addirittura la percezione fisica dell’evento. E così siamo tornati a ragionare di racconto e social media, del ritardo dei media tradizionali e di come Twitter, di fronte a particolari fatti, riesca a costruire una bozza di racconto condiviso.
Io, però, preferisco la tesi di Sergio. “Dovremmo considerare lo straordinario tempo reale condiviso attraverso Twitter e Facebook qualcosa in più, un arricchimento per tutti, non una competizione con le testate giornalistiche”, dice. Troppo diversi tempi e presupposti del modo di fare informazione, per cercare paragone. Piuttosto, un tweet diventa importante se mi fido della fonte.
Poi, magari, posso accendere la tv e dal tg mi aspetto qualcosa di altro, di più profondo. Non sempre, è vero, lo trovo. Da queste parti la parola terremoto fa sobbalzare un po’ tutti. Non c’ero ancora in quella domenica del 1980, ma ci ho pensato pure io stamattina. Ancora una volta è stato Twitter a costruire il ponte tra luoghi (e in questo caso tra passato e presente).
La fotografia della torre a metà di Finale, diffusa presto in rete, mi ha rinviato a quella che a Potenza è stata per anni l’immagine simbolo del terremoto. C’era un orologio anche in quel caso. Me la sono andata a riguardare su un vecchio giornale di carta. L’ho fotografata e condivisa.
Poi ho fatto vedere entrambe le fotografie a mia nonna sul tablet. Non si è stupita più di tanto. Mi ha chiesto: “È successo anche lì? Accendi la tv che ascoltiamo”. Lei di Twitter non sa nulla. Ha bisogno di uno sguardo sul mondo modello mainstream che, per questo, non può essere in contrapposizione.
E io mi sono accorta che da ore saltellavo da un mezzo all’altro, connessa col mondo via social media, ma sbirciando tv e siti tradizionali. Stavo banalmente costruendo il mio scenario senza contrapposizioni di quel #terremoto