
La verità minima è quella che Valentina snocciola a quasi un mese e mezzo di quarantena, ma con ormai diversi anni di impegno nel terzo settore, praticando la solidarietà e l’inclusione per lavoro. «Non ci si abitua mai a essere di fronte a una persona in difficoltà, ma in questo momento la stra-ordinarietà è nel modo in cui si sta diffondendo il disagio: a macchia d’olio». E a volte, racconta, non si tratta neanche di difficoltà economica, «non solo almeno. È proprio terrore del futuro».

Con l’associazione Io Potentino e il progetto Magazzini Sociali, Valentina Loponte fa parte di un gruppo di operatori che si occupano del disagio economico nella città di Potenza, in particolar modo rispetto al bisogno alimentare.
«Riceviamo chiamate non solo per la prenotazione del cibo. Capita che ci contattino per chiedere: ma se non dovessi riuscire a riaprire la mia attività, potrò contare su di voi? Se mi trovassi ad aver bisogno, posso chiamarvi? Vogliono sapere se ce la faremo. Prima di questa pandemia, le nuove povertà che avevamo imparato a conoscere a Potenza erano quelle di anziani, padri separati, persone che non avevano il lavoro o l’avevano perso. Ora la platea si è allargata anche alle famiglie che si sono riunite proprio per affrontare l’emergenza da COVID-19: vivono insieme nonni, genitori e figli piccoli, spesso con reddito da lavoro sommerso e spesso incapaci di accedere ai sussidi messi a disposizione».
Persone, tante, che dalla sera alla mattina si sono trovate a non sapere come andrà.
«Sono povertà potenziali».
L’organizzazione di Magazzini Sociali, realtà nata per la raccolta e la distribuzione delle eccedenze alimentari, è cambiata con il sopraggiungere della crisi. In un primo momento ha organizzato una raccolta fondi, poi è arrivata l’idea della spesa sospesa. Tra conto corrente bancario e donazioni in denaro lasciate presso alcuni supermercati di Potenza, sono stati raccolti 20.000 euro in soli dieci giorni. Trasformati in spesa per le famiglie in difficoltà: Magazzini Sociali si occupa del primo ascolto e raccoglie le richieste, a consegnare i pacchi è la Protezione Civile.
Duecentotrentaquattro consegne, per 798 persone, in dodici giorni di operatività dal 31 marzo al 16 aprile. «No, non sono stupita. In situazioni di difficoltà ho sempre visto la città rispondere, stupire positivamente».
La città, a proposito. «Le donne soffrono sempre di più. Si caricano anche del peso emotivo del contesto emergenziale, e del disagio in genere. Anche per questo poi chiedono più spesso aiuto, per istinto di sopravvivenza, per proteggere figli e genitori. Le donne si fanno coraggio».
La pandemia è uno spartiacque. «Anche chi credeva di essere immune, ha imparato che tutto può cambiare, andare perduto. Abbiamo imparato ciò che conta davvero, l’essenziale, la famiglia, gli affetti, il cibo a tavola. La mia generazione, così come quella dei miei genitori, dei razionamenti aveva solo sentito parlare. Certo, abbiamo vissuto tutto questo con i confort del 2020, ma non credo torneremo a sprecare, né i prodotti né le occasioni».
Come si affronta? «Emotivamente è difficile. Servono massima professionalità e, per quel che mi riguarda, grande fiducia nel futuro. È l’unico modo che conosco di affrontare una situazione simile, che non possiamo cambiare. Guardo al futuro, ma sono risoluta per il presente, soprattutto per gli altri».
Per Valentina, sorella e figlia, questa emergenza procede in casa con la famiglia. «Ho imparato a calibrare i miei spazi di lavoro in un altro luogo, e tutti abbiamo fatto uno sforzo maggiore per imparare a rispettare anche gli spazi di silenzio e solitudine dell’altro. Sono una camminatrice, le passeggiate sono l’esperienza con cui rifletto e mi riposo. Ma ho guadagnato nella consapevolezza di piccole tenerezze che davo per scontate».
Foto di Daniel Nebreda da Pixabay