
Superato il primo impatto del lockdown – «Difficilissimo per me che sono iperattiva» – la parte peggiore è stata organizzare tutto. La gestione della quotidianità, con il carico mentale e quello fisico che ne derivano, è già abitualmente lo spazio tipo dell’enorme dispendio di tempo e risorse richiesto alla maggior parte delle donne. L’emergenza da COVID-19 non ha fatto altro che diventarne un fattore moltiplicatore.

Maria Grazia Russo, matematica, da sempre impegnata nella promozione dell’accesso delle donne alle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), è coordinatrice del corso di laurea in Informatica presso l’Università degli Studi della Basilicata.
I primi giorni sono stati molto complicati. «Gli studenti hanno risposto bene, tutti già pronti a modificare il modello di didattica. Le uniche difficoltà sono state oggettive per chi abita in luoghi non adeguatamente coperti dalla rete internet. Ma con corsi e docenti diversi, è stato necessario affrontare attitudini al digitale e metodi formativi diversi». In alcuni casi erano più pronti perché erano già in uso piattaforme per materiali e verifiche, in altri casi si è trattato di disegnare completamente il processo.
Poi c’è la gestione della didattica in casa. «Noi siamo in quattro, quindi ciascuno con la propria necessità di privacy, concentrazione, connessione e strumentazione. Capita di essere collegati tutti allo stesso momento, e il wi-fi crolla. O capita che non sia possibile conciliare gli orari per pranzare insieme nonostante ci si trovi sotto lo stesso tetto». La frustrazione è un sentimento che tocca un po’ tutti. Carico eccessivo di compiti da svolgere a casa, la responsabilità di nuove modalità di gestione del tempo, la costrizione degli spazi di libertà. «Lo vedo con i miei figli, che si beccano più del normale. Allo stesso tempo, però, hanno ripreso l’abitudine di condividere attività e tempo».
Poi c’è la gestione della casa. «Se dell’isolamento domestico mi son fatta una ragione, quello che continuo a soffrire è la gestione dell’intera organizzazione familiare, la spesa, le pulizie, l’ordine. Trovare una routine è impossibile, è un carico di stress importante».
Anche per questo diventa più incomprensibile che questa prospettiva sull’emergenza non sia assolutamente presa in considerazione nelle decisioni che riguardano la gestione della crisi in atto.
«Nell’ambiente accademico la presenza delle donne in posizioni apicale è minima. Al netto dell’eccezione tutta italiana delle donne numerose in matematica, nelle altre discipline cosiddette scientifiche le percentuali sono basse già a livello di presenza». Sono assenti anche nei luoghi della gestione dell’emergenza.
«Sorprende che in momenti di crisi non si accolga un punto di vista diverso. È assurdo non riuscire a cogliere l’importanza degli argomenti di chi vive e gestisce la risposta dall’interno del problema».
Esempio concreto. «Un paio di settimane fa abbiamo avuto tutti e quattro un’intossicazione alimentare. Nell’immediato, prima di comprendere che era una “banale” intossicazione, ho pensato alla COVID-19, e ho agito in questa direzione. Mi sono presa cura dei figli, ho isolato tutti noi, ho agito secondo modalità di maggiore sicurezza domestica. E tutto questo mentre io stessa stavo male. Ora, anche solo per abitudine o contesto, le donne sono abituate e pronte nella gestione di piccole e grandi emergenze. Perché ignorare questo apporto di prassi e capacità visto che può tramutarsi in un vantaggio nella risposta alla crisi?»
La strategia di ripresa ancora non è chiara. «Sono meno fiduciosa ora, temo il riavvio in condizioni di scarsa sicurezza». Ci ritroveremo diversi? «Credo che ci porteremo dentro questa esperienza a lungo, è stata scioccante per tutti. Anche chi ha avuto più mezzi ha scoperto che la vita cambia da un momento all’altro. Non possiamo più dare niente per scontato. E poi ci sono i più deboli, che questa crisi ha devastato. Dovremo farcene carico tutti».
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