
Francesca Caputi ha appena terminato il quarto anno di scuola superiore, il secondo liceo classico “Quinto Orazio Flacco” di Potenza. È una delle ragazze di questo tempo, a cui la pandemia di coronavirus ha chiesto di scendere a compromessi, rinunciando alle piccole e grandi libertà della vita pre-Covid-19.

In questa emergenza sanitaria neanche alle ragazze abbiamo pensato fino in fondo. Quanto ne sappiamo, ai tavoli delle task force, di quanto e come sia cambiato il loro orizzonte?
«Quando è cominciato il lockdown, non c’è stato più spazio di fuga, all’improvviso non c’è stata alternativa per nulla». A partire dalla didattica a distanza. «Non è una questione di risultati, ho continuato a studiare con profitto. – racconta – Ma con i professori, con l’approfondimento in classe, è un’altra cosa. Non riesco a immaginare un altro anno così, davvero».
Di punto in bianco è stato necessario ripensare il tempo e lo spazio. «Senza sport, senza danza, ho perso gli appuntamenti quotidiani attorno a cui costruivo la mia routine. All’inizio è stato destabilizzante. Poi mi sono data nuove abitudini, ho recuperato passioni e interessi a cui le mie giornate solitamente affollate mi impedivano di dare spazio. Ma non è stato facile. La convivenza “forzata” ininterrotta della famiglia ha costretto tutti a mediare rispetto al bisogno di solitudine in certi momenti di tristezza, che capitano a tutti, e di cui tutti sentiamo il bisogno».
Le è mancato, dice, abbracciare i nonni e gli amici, nonostante prima d’ora non fosse mai stata un tipo espansivo. «Credo di aver imparato quanto siano preziosi certi affetti che diamo per scontati. Ma, onestamente, non credo che ne usciremo tutti migliori. Io sono fiera della persona che sono e degli amici di cui mi circondo. Ma non siamo tutti uguali. Non è possibile generalizzare. E sono consapevole che spesso, anche tra i miei coetanei, c’è chi guarda a quanto accaduto con l’epidemia con spavalderia, senza responsabilità. Non è questo il coraggio, per me è solo motivo di profonda tristezza».
Nonostante la fine della fase emergenziale e la ripartenza di quasi tutte le attività produttive, scuola e università sono due degli spazi vitali del Paese che propongono ancora un quadro di estrema incertezza.
«A marzo abbiamo vissuto il nostro ultimo giorno di scuola, e non lo sapevamo». In quella inconsapevolezza, racconta Aurelia Marchese, maturanda del liceo scientifico “G. Galilei”, si racchiude tutto il percorso emotivo che ha caratterizzato le varie fasi dell’emergenza epidemica.

«All’inizio abbiamo tutti sottovalutato la situazione. Quasi fosse una vacanza, una sospensione temporanea, ho pensato di avere un’opportunità per godermi la famiglia, per studiare, per dedicarmi tempo. Nessuno immaginava che sarebbe durata tanto». E non sapevano che sarebbero arrivati all’esame di maturità dovendo rinunciare a un pacchetto di riti e progetti che segnano l’ultimo anno di scuola come un passaggio a una nuova fase della vita.
«Le prime due settimane sono state strane, difficili. Poi mi sono detta: ora recupero tempo di qualità per me. Ho avuto l’occasione di ascoltarmi meglio, ho cominciato a praticare yoga, mi sono avvicinata ad argomenti nuovi, come la psicologia. In famiglia ho avuto modo di affrontare discussioni su temi che prima ritenevo lontani, forse troppo per adulti. Ma sbagliavo: io sto entrando nel mondo degli adulti».
Altro cambiamento, il rapporto con gli altri. «All’inizio nel mio gruppo di amiche eravamo chiaramente tutte più vulnerabili. Ci siamo subito promesse una vacanza insieme appena le misure di sicurezza e le norme in vigore lo avessero permesso. Poi anche questi legami si sono stabilizzati, normalizzandosi. Abbiamo tanti canali per sentirci, whatsapp, instagram, zoom». Hanno dovuto rimodulare l’appuntamento con il viaggio post-maturità. «Direi che a questo punto anche Maratea sarebbe una località perfetta».
La quarantena ha costretto molti adulti a fare i conti con paure e sbalzi di umore. Ci sono passate anche le adolescenti, proiettate all’improvviso in una dimensione più stretta e con l’obbligo di ridisegnare lo spazio della privacy e del rapporto con i coetanei, amicizie e amori.

«Alla nostra età – dice Aurora Molinari, maturanda potentina, già proiettata verso un’accademia d’arte dopo l’estate – il contatto con gli amici è fondamentale, è davvero importante condividere lo stare insieme, anche senza bisogno di troppe parole».
«Le giornate, superati i primi giorni di leggerezza inconsapevole, si sono fatte tutte uguali, vuote. Certo, lo studio, le letture, la cucina. Ma mi è mancato prepararmi per raggiungere un’amica, organizzare attività, avere del tempo pieno di relazioni e scambio con gli altri. All’inizio tutto passava per call online con trenta, quaranta amici e compagni di classe. Era come se fosse urgente riempire di voci questa nuova esperienza dell’isolamento. Poi lentamente le call superaffollate sono andate scemando e i legami sono tornati a una dimensione più intima, ma sicuramente non normale».
È come immaginare una parentesi forzata che si è innestata nelle loro vite, vissute e programmate. «Questa pandemia ha toccato anche la sfera più intima delle nostre vite di adolescenti: amori appena cominciati, storie più lunghe, relazioni improvvisamente a distanza in comuni limitrofi. I nostri umori sono cambiati. Chiacchierando con le mie amiche ho percepito maggiore fragilità, come se fossimo diventate tutte più sensibili, pronte a scattare».
Lorenza Crisci ha messo temporaneamente in un cassetto il viaggio InterRail attraverso la Spagna. L’obiettivo principale al momento è superare questo inaspettato esame di maturità. «Mi manca non poter condividere fino in fondo questa tappa con gli amici, trasmetterci a vicenda l’ansia, affrontare i timori, scambiare idee e materiali da studiare». Rappresentante degli studenti al “Galileo Galilei” di Potenza – unica donna eletta nella rappresentanza dal 2012 – confida almeno nella “notte prima degli esami”, in una serata per condividere i ricordi del percorso fatto insieme fino a questo punto.

«So bene che rispetto al dramma che ha investito la società certi pensieri appaiono superficiali. Ma abbiamo diciotto anni, sarebbe sciocco negare che i cambiamenti e le limitazioni vissuti durante l’emergenza di Covid-19 non abbiano avuto un effetto straniante. Certi giorni è stato come essere in gabbia, alcune volte ho pianto, percepivo un’ingiustizia incomprensibile nel non poter decidere le cose da fare».
Cambiare spazi, orari, programmi. «Mi ha aiutato il teatro, l’appuntamento settimanale con la compagnia che frequento. Seppur online, è stato un incontro salvifico, un appiglio nella straordinarietà del contesto». Nuova routine nei rapporti con il ragazzo, le amiche, la scuola e la famiglia. «Questa quarantena mi ha regalato un rapporto nuovo con mio fratello e una condizione di maggiore complicità con i miei genitori, con mia madre soprattutto. È come se fosse mancato il fattore esterno di accensione del conflitto, tutto è andato avanti con maggiore tranquillità».
E il domani? «Guardando molto avanti, non saprei come e dove immaginarmi. Per ora studio. Anche perché visto da qui, da una periferia del Sud, il futuro è una linea decisamente incerta».