Giornalismo: quando 1 + 1 fa 3

Nella redazione in cui lavoro c’è un grande contenitore in cui si raccolgono i vecchi giornali, destinati al riciclo.

Non verranno buttati del tutto, torneranno in parte a nuova vita sotto altre forme. Da qualche tempo, quando ci passo accanto, penso sempre che sia la migliore metafora di quello che sta accadendo nella mia, come in altre redazioni.

Il giornalismo cambia, e anche molto velocemente, ma mica tutto il vecchio è da buttare. La sfida, piuttosto, sembra quella della rimodulazione. Perchè non basta trasportare un contenuto dalla carta sul web: sono due strutture di supporto diverse, con pubblico diverso e diversa fruizione. Eppure – ed è questo il messaggio positivo che i giornalisti, me per prima, dovrebbero saper raccogliere – alcune regole del gioco restano invariate.

Qualche giorno fa Steve Buttry, indiscutibile punto di riferimento del giornalismo digitale, ha pubblicato un elenco di suggerimenti per gestire in modo etico i testi che nascono per il web, tra link e contenuti aggiuntivi.

«Il collegamento – dice- è diventato un principio fondamentale dell’etica del giornalismo. Non c’è ragione per non linkare contenuti digitali».   È un po’ l’assunto alla base del valore e dell’accrescimento di contenuto, che la carta non permette, perché ferma in griglie rigide di spazio e tempi più lenti di fruizione.

Ma Buttry ricorda anche che non basta costruire un collegamento nell’articolo. Quel collegamento va verificato e, se non è un contenuto originale, attribuito all’autore. Se non bastasse, ricorda pure che la semplice aggregazione di contenuti non è sufficiente. Eppure, ammette, non è neanche questo un suggerimento poi così nuovo. «Aggregazione e curation (qualcosa in più della semplice cura del contenuto) funzionano meglio quando aggiungono valore ad altro materiale».

L’approfondimento, la giusta cura, il dato in più hanno fatto la differenza anche sulla carta. Solo che adesso quelle regole che ci siamo ripetuti spesso, devono essere ripensate in un contesto che moltiplica all’infinito la possibilità di aggiungere contento a contenuto. Lasciando in più libero il lettore di scegliere cosa approfondire, cosa cliccare, cosa gustarsi e cosa saltare. Senza però che venga meno il ruolo di filtro e guida del giornalista.

In un’intervista per il blog di Maria Popova, Ken Burns, filmmaker di impatto, ha fatto ricorso a una formula matematica per spiegare che cosa fa grande una storia. E’ come se 1 + 1 facesse 3. Ed accade  quando «l’intero è più grande delle singole parti».

Trovo che il principio, pur pensato per la fiction, possa adattarsi facilmente al giornalismo. Una storia – inchiesta, cronaca, denuncia – diventa grande se regala qualcosa in più.

Così, quando passo davanti al contenitore dei giornali da riciclare, penso anche a questo. Sulla carta mi mancava la possibilità di regalare qualcosa in più, un suggerimento visivo, una vecchia notizia a supporto, un filmato, con cui offrire al lettore la possibilità di approfondire (volendo anche all’infinito) quello che gli stavo raccontando.

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