Un documentario dei primi anni Sessanta racconta così l’avvio della costruzione dell’Ilva di Taranto: «È il primo passo verso la trasformazione profonda, che giungerà a mutare sostanzialmente il volto e la vita del Mezzogiorno».
All’epoca, forse, non sapevano con quali effetti sulla gente e sulla terra.
Parte da qui “Ilva. Comizi d’acciaio” (Becco Giallo).
Un «viaggio a fumetti negli ultimi 50 anni di industria siderurgica» che Carlo Gubitosa e Kanjano hanno costruito mescolando documenti, infografiche, rimandi a nuove informazioni via QR-code, tavole realizzate sui testi dei bambini delle scuole di Taranto.
La narrazione a fumetti procede per personaggi, fatti e periodi della storia dell’Ilva e del territorio che a quelle ciminiere ha legato il proprio destino. Spesso triste e doloroso.
Lavoro, politica, ambiente, comunità: è tutto lì, in un’inchiesta giornalistica. A fumetti. Con la forza narrativa del reportage, l’empatia dell’illustrazione, il rigore dell’organizzazione dei dati.
Qualche giorno fa, Carlo è passato da Potenza, ospite della fumetteria di Giulio. Ho chiesto perché crede che questo tipo di narrazione funzioni per la cronaca o per l’approfondimento. «Ho provato a fare del lettore un cittadino di quelle zone», ha detto.
«Col fumetto si può dare intensità alla narrazione di tematiche in genere appiattite sulle cifre.»
Il lettore, spiega, passa dall’osservazione all’immersione in una storia. E il giornalista può così mettere da parte un nuovo strumento «nella sempre più varia cassetta degli attrezzi».