Pensando al cittadino come opportunità

problem_solvingCerto «la tecnologia – dice Satish Nambisan – è un importante strumento nel coinvolgimento dei cittadini» per fare innovazione nelle città.

Ma «la tecnologia non dovrebbe essere la ragione per cui si avviano iniziative di collaborazione civica».

Serve una motivazione diversa rispetto all’opportunità di un risparmio economico o delle minori distanze che le amministrazioni possono cogliere. 

Questione di consapevolezza, volontà del governo locale ad instaurare «un legame più profondo con i cittadini», una connessione. 

Quando poi si passa alla pratica, cominciata la collaborazione con la comunità locale, il beneficio è di tipo collettivo.

Il cittadino conosce bene i problemi dello spazio urbano che vive e attraversa e riesce a immaginare soluzioni, quanto meno ha in tasca alcuni suggerimenti. 

In questo percorso ci sono quattro ruoli che un cittadino può rivestire. Nambisan, per ciascuno, cita casi che hanno funzionato in diverse città: Citizen roles in civic problem-solving and innovation.

  • Il cittadino, così, è esploratore, in grado di identificare e segnalare problemi;
  • può essere ideatore nel proporre nuove soluzioni a problemi legati ai servizi pubblici;
  • può essere un designer, capace di progettare e sviluppare strumenti utilizzabili da tutta la comunità;
  • un diffusore, un «agente del cambiamento» capace di diffondere innovazione e convincere, anche indirettamente, altri cittadini ad adottare certe soluzioni (o buone prassi).

Quello che viene fuori è un’idea di città «come principale piattaforma di innovazione».

Giuseppe ne aveva scritto ricordando come l’innovazione sia sempre frutto di processi collaborativi, spesso nati per caso.

A beneficiarne sono soprattutto territori di dimensioni ridotte: in una piccola città la circolazione di idee – e l’attività del cittadino in quei quattro ruoli – si innesta in un tessuto più denso di relazioni, dove esponenziale può essere la crescita delle sollecitazioni.

La strategia del coinvolgimento “dal basso” in molte aziende private è già pratica abituale. Francesco, qualche giorno fa, aveva ripreso una storia esemplare: «L’innovazione – spiegava –  arriva direttamente dagli utenti» e nasce «dal bisogno di risolvere un problema o una necessità pratica».

Vale ancora di più nel sistema città.

Ecco perché per costruire il passaggio da utente di servizi a cittadino partecipe (anche nella progettazione di quegli stessi servizi), le amministrazioni dovrebbero pensare al cittadino come vera opportunità.

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