“Mentre tecnologia, mercati e comportamenti definiscono la futura connessione globale, i loro effetti si sentiranno molto di più a livello locale”.
Per questo, dice Jon Kingsbury di Nesta, è un buon esercizio provare a immaginare che cosa sarà l’informazione iperlocale tra cinque anni.
Lo spazio locale – ha suggerito in un panel di una conferenza sulla connessione delle comunità – vale sia in termini geografici che di prossimità. Ed è “il filtro più forte attraverso cui decidiamo che cosa è importante”.
Della relazione tra giornalista e pubblico avevo scritto qui. Il tema, però, fornisce sempre nuovi punti di vista e credo valga la pena approfondire.
“Una volta informate di una notizia a valenza locale, le persone vogliono continuare a conoscere ciò che accade nella propria comunità”. E questo, spiega Sarah Johnson, discutendo di giornalismo locale nel blog di Roy Greenslade, non dovrebbe sorprendere più di tanto. Oppure, per dirla con Charlie Beckett, direttore di Polis, “se la forma più naturale di comunità è quella a livello locale, perché un giornalismo basato sul collegamento tra le persone non dovrebbe avere successo?”.
Il caso di West Hampstead Life, fa notare la Johnson, è emblematico: si può costruire un’esperienza di buon giornalismo locale persino in una metropoli come Londra. Jonathan Turton lo ha fatto raccontando la vita di quartiere tra Twitter e un blog. L’affiliazione dei cittadini è arrivata assieme all’interesse dei grandi media. “Lo spirito di comunità non è morto. Turton non ha fatto altro che toccare un qualunque interesse fosse già presente in quella comunità e ha facilitato l’incontro tra vicini”.
Quegli interessi, poi, vanno trasformati in “lunghe catene di conversazione”. Dice Tom O’Brian, di MyMuswell, un altro sito di notizie locali di base a Londra. “Ci siamo accorti che ciò che risultava popolare erano le minuzie”. Le hanno rilanciate in una piattaforma che – con una metafora immediata – hanno chiamato piazza digitale. “Quelle minuzie facevano da collante agli interessi che definiscono una comunità”.