“Basta con queste regole sull’uso di Twitter”, suggerisce Rebecca Greenfield su The Atlantic. Soprattutto basta con questo continuo indicare ai giornalisti come usare i 140 caratteri. “E’ tempo dell’anarchia su Twitter”
Quella della Greenfield è una provocazione. Con l’ironia, risponde ai decaloghi che stanno provato a scrivere le regole di comportamento da tenere su Twitter, se si è giornalisti. Una delle ultime ricognizioni sulle cose da non fare è apparsa sul Daily Intel: Things journalists do on Twitter that we despise. Tra queste la semplice aggiunta del “+1” per condividere un messaggio.
Jeff Sonderman, su Poynter, ha però risposto punto per punto a quella lista. L’articolo si intitola: In difense of the despicable things jurnalist do on Twitter. Sonderman ridimensiona le critiche a quelle abitudini che sembrano un po’ degli estremi. Non bisogna certo retwittare tutto, dice, ma i social media sono come un cocktail party. La conversazione cresce con l’aggiunta di spunti. Perciò, se un lettore risponde proponendo un punto di vista diverso, perché non dargli attenzione?
Tra tutti questi mini manuali di comportamento, arriva il paradigma “anarchico” della Greenfield. Ancora un elenco di regole. Ma superata la provocazione iniziale, quelle della Greenfield sembrano solo norme di buon senso. “Se non ci piace quello che un altro ha twittato, basta respirare un momento e ignorare, o non seguire più quella persona”. E’ un diritto del giornalista e del lettore pure quello.