La persistenza del giornalismo

“Non appena le informazioni approdano su Internet, quel contenuto non è caduto nel vuoto”. I feedback, dice Sean Blanda, arrivano immediatamente. Eppure, ancora oggi, il contenuto pubblicato rimane per troppo tempo “statico”, non aggiornato.

E’ questo il discrimine tra il vecchio e il nuovo modo di immaginare il racconto dei fatti.

Se si parte dal presupposto che l’unità atomica del giornalismo è il fatto, non l’articolo, forse è più facile riuscire a immaginare nuovi modi di organizzare le informazioni.

Soprattutto su carta, l’articolo nasceva per vivere poche ore, prima di essere buttato via. Il contenuto on line, invece, non muore mai: è per questo che ha senso solo un continuo aggiornamento del racconto.

Suggerisce Jeff Jarvis: “Un link è una risorsa che il lettore può esplorare a piacimento”. Una storia, sul web, è immaginata  come composta da più parti. “Una volta separate, il narratore (il giornalista) ha la possibilità di proporre numerosi sentieri al lettore”. E attraverso quei collegamenti, il lettore si costruisce un articolo personalizzato, scegliendo i sentieri che ritiene più interessanti.

Che è un po’ la differenza tra la proposta di “contenuto” e l’organizzazione di “informazioni”. Perchè – dice John Borthwick di Betaworks in un resoconto di Mathew Ingram – il rischio di fermarsi sul termine contenuto è di badare troppo alla confezione.

Invece, focalizzando l’attenzione sulle informazioni, si passa ad immaginare che cosa gli utenti cercano e come mettere a sistema il valore di quelle informazioni.

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