Il tema è di quelli che lavorando in una testata locale si ripropongono giorno dopo giorno. E’ davvero possibile, in giornali che parlano a piccole comunità, tracciare una linea di separazione netta tra l’informazione di servizio e quella che sa di pubblicità?
“Non credo di ricordare una sola recensione critica di un’azienda locale o di un ristorante. E, francamente, va bene così”, racconta Alex Salkever su Street Fight.
Cita l’esperienza personale da lettore del Baltimore Messenger, ma il problema che pone è di ordine generale.
Il ragionamento non guarda alle inchieste, alla cronaca o magari alla politica, è chiaro. Ma pensando all’informazione di servizio (che ha ruolo centrale nella dimensione iperlocale), il racconto della quotidianità è fatto anche di tendenze, novità, mode passeggere, appuntamenti.
E’ evidente che dare un giudizio negativo su un’azienda, un ristorante, un evento significa poi – in un giornale locale – preventivare la possibilità di perderne la pubblicità. In un momento in cui le testate locali sono impegnate a sopravvivere e a reinventarsi, quella linea di separazione si è fatta persino più sottile.
Camminarci sopra in equilibrio non è facile, ma Alex suggerisce che un “moderato conflitto” è meglio di una “mancata copertura”: Hyperlocal Sites Making a Church-and-State Mistake?