“L’aria è cambiata davvero e l’innovazione non è più percepita come un fastidio da combattere, ma finalmente come un’opportunità”. La sensazione – valida forse anche in generale – è quella che Barbara Sgarzi ha avuto girando per aziende e redazioni, nel tenere corsi di comunicazione online e utilizzo dei social media.
Il rapporto tra giornalisti e digitale, in particolare, ha subito (in alcuni casi sta ancora accadendo) una brusca virata. L’approccio curioso, timoroso o, spesso, di difensiva, si è trasformato in una relazione di necessità con la rete, soprattutto con i social media. E, tra i social network a disposizione, Twitter è quello che forse meglio racconta questo cambiamento.
“Non sappiamo se il cosiddetto giornalismo del futuro – o meglio del presente – sarà o contemplerà Twitter, ma sicuramente avrà doti di rapidità, molteplicità, condivisione e interazione.” Tanto vale, scrive, cominciare a starci dentro da subito.
Con 40k ha pubblicato un breve e utile testo – né tutorial, né lezione – in cui sfata qualche luogo comune, fornisce buoni consigli e condivide consapevolezze a partire dall’esperienza personale. Con una premessa rassicurante: in un mondo immerso nell’information overload, di una figura di filtro, come quella del giornalista, ci sarà sempre più bisogno.
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A proposito di Twitter e giornalismo, due spunti diversi. Il primo, sul fronte pratico, è un tutorial di Steve Buttry, dedicato all’utilizzo che i giornalisti dovrebbero fare degli hashtag (compresi quelli umoristici). L’altro, invece, è un post di Dave Winer sulla possibilità di fare giornalismo su Twitter: superati gli entusiasmi iniziali, dice, è il caso di affrontare alcuni dubbi su etica, servizio, valore pubblico di questo mezzo. Il punto di vista pessimista serve comunque a costruire una riflessione. Ma l’approdo finale, credo, resta una norma di buon senso: è sempre il giornalista che deve governare il mezzo, non viceversa.